Nel computer degli italiani da qualche giorno c’è una novità. Ogni contribuente, ottenuto un username e una password forniti dalla Agenzia delle entrate, può accedere al servizio «Fisco online» e lì visualizzare un riquadro che riassume come sono state spese le tasse pagate da ciascuno di noi nel 2017. Ci sono alcuni aspetti tecnici da chiarire e non è ancora l’auspicabile pubblicazione sull’home page del Ministero delle finanze di tutta la spesa pubblica riassunta in un foglio A4, ma è sicuramente un apprezzabile passo avanti verso una maggiore trasparenza nel rapporto stato-cittadini.
Ecco cosa leggeranno gli italiani in questo riquadro. Ogni 100 euro di tasse pagate, 21 finiscono in pensioni e assistenza, 19 in sanità, 11 in interessi sul debito pubblico, un po’ meno in istruzione, 8 in difesa e ordine pubblico, più o meno lo stesso per la Pubblica amministrazione, 6 per l’economia e il lavoro (ma non si capisce cosa ricomprende questa voce) e, via via scemando, 4 per i trasporti, 2 alla Unione europea (ma buona parte rientra sotto varie forme), altrettanti all’ambiente e alla cultura. Chiudono la lista 1,8 euro spesi per la casa e il territorio.
A questo punto, forse, ci si può accendere una lampadina nella testa. La principale voce di spesa è di gran lunga quella per le pensioni. Chiediamoci se in un paese che invecchia, in cui si fanno pochi figli e nel quale la vita media (fortunatamente) si allunga, si può seriamente pensare di incrementare ulteriormente questa spesa, ad esempio contestando il meccanismo con cui all’allungamento della aspettativa di vita corrisponde un innalzamento dell’età pensionabile.